Omnimorbia
malva sylvestris
La malva è una pianta erbacea molto diffusa e riconosciuta dalla maggior parte delle persone. Essendo molto comune e non appariscente, può sembrare scontata e la si dimentica con facilità: per questo ho deciso di dedicarle una puntata della rubrica.
La vita è troppo breve per poter essere puntuali.
Isabell Allende
L’amante giapponese
Malva sylvestris appartiene alla famiglia delle Malvaceae, è molto comune in tutta la zona europea ma la si trova anche in Asia e Africa settentrionale. Cresce facilmente nei luoghi incolti, prediligendo terreni ricchi. Ha radice carnosa, a ttone; il suo fusto è ramoso, si presenta in parte eretto e in parte prostrato, ed è ricoperto di peli. Le sue foglie sono lobate e a margine dentellato, palminervie, con peli ghiandolari lungo le nervature.
I fiori, grandi e solitari, hanno una corolla a cinque petali color rosa lilla e strisce scure. Fiorisce dalla primavera all’autunno.
Il suo nome Malva deriva probabilmente dal greco malaché che signi ca molle, alludendo alle sue proprietá emollienti. Nel Medioevo era simbolo di amore materno e mansuetudine grazie alle sue proprietà medicinali; le donne usavano bruciarla per diventare fertili e partorire bambini sani.
Nel De secretis mulierum, attribuito ad Alberto Magno, veniva consigliata come test per sapere se la fanciulla godeva ancora di verginità: “falla orinare di mattina sopra un’erba che comunemente si chiama malva; se si secca, allora non è piú vergine”. In epoca romana, testimonia Marziale, serviva per neutralizzare gli effetti delle nottate trascorse a bere e mangiare smodatamente. Orazio sosteneva che, seminata attorno ai sepolcri, propiziasse le anime dei defunti, ai quali conferiva pace e soavità.
Secondo Plinio era una panacea e lo stesso sostenevano i rinascimentali, tanto da chiamarla omnimorbia, rimedio per tutti i mali. La droga è costituita dalle foglie, raccolte in estate di primo mattino, e dai fiori, raccolti quando il bocciolo è appena schiuso. Le foglie vengono utilizzate in cucina, crude o lessate; sono ottime in insalata ma anche come ripieno o in zuppe e minestroni.
Il botanico britannico Nicholas Culpeper (1616 – 1654) scrisse: “le foglie tritate o stro nate e applicate su una puntura di api, vespe o simile, tolgono poco dopo il dolore, l’arrossamento e il gon ore della parte lesa”.
In alcune zone d’Italia veniva preparata una pomata a base di strutto, latte e malva ed era applicata sui foruncoli per farli maturare. La naturalista tedesca Hildegard von Bingen (1098 – 1179) prescriveva la malva per varie malattie, tra cui emorragie e avvelenamenti, mal di testa e disturbi renali.
Secondo Galeno non è umida ma viscosa, e contiene una tiepida caldezza, pertanto risulterebbe adatta come de ogistico nei soggetti piú emmatici, “acquosi”. La medicina popolare le riconosce numerose proprietà, soprattutto legate al suo contenuto in mucillagini. Veniva impiegata per infiammazioni all’intestino e alle gengive, stipsi, irritazioni della pelle e tosse. Studi scienti ci hanno confermato tali proprietà, riscontrando la presenza di circa il 10% di mucillagini nei fiori e nelle foglie. La dottoressa Enrica Campanini la riconosce come blando lassativo, in grado di calmare la tosse e di abbassare l’infiammazione della pelle.